
Nella storica “sfida” tra dipendenti e liberi professionisti, c’è un argomento che i primi tirano spesso fuori: le tutele offerte da un contratto di lavoro, un vero e proprio cuscinetto che protegge in tante situazioni e che, per chi lavora con Partita IVA, non è previsto o è molto più limitato.
E non parliamo solo di ferie o malattie retribuite, ma anche di altri benefici importanti, come ad esempio il TFR, il Trattamento di Fine Rapporto pagato ai dipendenti alla fine del rapporto professionale.
Quest’ultimo, unito alla NASpI, può diventare un piccolo gruzzoletto che offre un po’ di sicurezza e respiro mentre si cerca un nuovo lavoro.
Ma hai mai pensato a come funziona davvero il TFR? In altre parole, come si calcola l’importo che ti spetta?
Siamo qui per spiegartelo! Se vuoi saperlo, continua a leggere: in questo articolo ti sveliamo tutto quello che devi sapere sul TFR.
Cos’è il TFR?
Come sempre, partiamo dalle basi: il TFR (cioè Trattamento di Fine Rapporto) è una somma di denaro che il datore di lavoro ti paga quando finisce il tuo rapporto di lavoro.
Puoi immaginarlo come una specie di “salvadanaio” che si riempie mese dopo mese mentre lavori e che potrai riscuotere quando:
- il tuo contratto scade;
- ti dimetti;
- vieni licenziato;
- vai in pensione.
Ogni mese, infatti, una piccola parte del tuo stipendio viene accantonata dal datore di lavoro e messa da parte come TFR.
L’importo cresce nel tempo: più resti a lavorare nella stessa azienda, più il tuo TFR aumenta.
Chi ha diritto al TFR?
In generale, hai diritto al TFR se lavori come dipendente in un’azienda, a prescindere dal tipo di contratto (tempo determinato o indeterminato).
Questa regola vale sia per chi lavora nel settore privato sia, in parte, per chi lavora nel pubblico (con regole diverse).
Per ottenerlo non hai bisogno di inviare alcuna richiesta particolare: il TFR ti spetta per legge e deve essere pagato alla fine del rapporto di lavoro.
E sì, maturi il TFR anche se lavori part-time!
Dove mettere il TFR
Quando inizi a lavorare presso una nuova azienda, il datore di lavoro probabilmente ti chiederà cosa vuoi fare con il TFR che maturerai.
Sappi che, in linea generale, hai due possibilità:
- puoi lasciare il TFR in azienda: è l’opzione “standard”, cioè quella automatica se non fai una scelta diversa;
- puoi versarlo in un fondo pensione complementare, che può essere:
- un fondo negoziale, se previsto dal contratto collettivo;
- un fondo individuale, che scegli tu in autonomia.
Se non comunichi la tua decisione entro 6 mesi, il TFR viene automaticamente versato al fondo pensione previsto dal tuo contratto.
Come si calcola il TFR
Ma quindi, a quanto ammonta il TFR?
Calcolare il TFR serve per sapere con precisione quanto ti spetta quando finisce il tuo rapporto di lavoro. È importante farlo nel modo corretto per non perdere nemmeno un euro!
Ovviamente, in questo articolo non possiamo darti cifre precise, perché queste dipendono dalla tua situazione specifica. Tuttavia, sappi che nel calcolo del TFR rientrano:
- lo stipendio lordo annuo;
- eventuali straordinari;
- la tredicesima;
- gli aumenti per superminimo (cioè la cifra aggiuntiva che il datore di lavoro ti paga oltre il minimo previsto dal contratto);
- gli scatti di anzianità, se previsti dal contratto.
In sostanza, ogni anno si prende il totale di questi importi utili e si divide per 13,5: questa è la cifra lorda che viene accantonata per il TFR.
Ogni anno, poi, il TFR già accumulato viene rivalutato in base a una formula fissa: 1,5% fisso + il 75% dell’aumento dell’inflazione annuale (in base agli indici ISTAT).
Se l’azienda ritarda nel pagamento del TFR, tu hai comunque diritto a ricevere:
- gli interessi maturati;
- la rivalutazione monetaria per il periodo di ritardo.
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Come ti abbiamo detto, avere un quadro preciso del TFR che hai maturato è fondamentale per assicurarti di ricevere esattamente quanto ti spetta.
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